la velocità della luce in relatività generale (RG)

la velocità della luce in relatività generale (RG)

in RG, che il tempo scorre più lentamente sulla superficie di un astro che non lontano da esso? Con la RG, o meglio, col semplice principio di equivalenza, si dimostra, ed è stato verificato sperimentalmente, che la luce allontanandosi da un astro, perde energia e quindi la sua frequenza diminuisce in base alla nota relazione E = hf.
Se f è la frequenza sulla superficie dell'astro, dove il potenziale gravitazionale è H, a distanza r dal centro dell'astro dove il potenziale è H(r), si dimostra che la frequenza è data da
f(r) = f√[(1 + 2H/c²)/(1 + 2H(r)/c²)]. (1)
Se H/c² << 1, come accade per stelle di massa ordinaria e non collassate, la (1) si approssima con
f(r) = f/{1 + 2[H(r) - H]/c²}.
Essendo [H(r) - H]/c² > 0, consegue f(r) < f.
Molti sostengono che, in base alla RG, la velocità c della luce, nel presunto vuoto, sia la stessa ovunque e sempre.
In RS si postula che la velocità della luce sia costante in tutti i riferimenti inerziali.
In RG tale principio è falso; tra l'altro, Einstein non l'ha mai enunciato.
Dalla (1) consegue che quando un raggio luminoso si avvicina a un astro, si ha una contrazione della lunghezza d'onda e un aumento della frequenza. Poiché la frequenza è il numero di oscillazioni al secondo, consegue che, se sull'astro la frequenza è maggiore che non lontano da esso, è maggiore anche il numero di oscillazioni al secondo. Questa conclusione è ovvia per chiunque sia convinto che il tempo scorra allo stesso modo sia a bassa che ad alta quota. L’unità di misura del tempo, il secondo, è lo stesso per ogni osservatore, ovunque si trovi, vicino o lontano dall’astro, e gli orologi scandiscono il tempo allo stesso modo.
In RG si è data un'interpretazione completamente diversa. La maggiore frequenza della luce sull'astro sarebbe, per così dire, apparente, nel senso che dipenderebbe dal fatto che sull'astro un secondo sarebbe più lungo che lontano da esso e, pertanto ci sarebbe più tempo per un maggior numero di oscillazioni. Ciò viene espresso, in RG, dicendo che dove il campo gravitazionale è più intenso, il tempo si dilata, cioè scorre più lentamente. Quindi la dilatazione del tempo deriverebbe dalla maggiore frequenza della luce. Come può lo scorrere del tempo dipendere dalla frequenza della luce in un dato luogo? Perché dovrebbe?
In meccanica classica, il periodo
T=2π√(l/g) (2)
di oscillazione di un pendolo sulla superficie di un astro diventa tanto più lungo quanto più ci allontaniamo dall’astro (si assume fissata la lunghezza l). Ciò significa che per un osservatore esterno il tempo scorre più velocemente in prossimità della Terra che per lui? Se così fosse, la variazione dello scorrere del tempo in un campo gravitazionale sarebbe un fenomeno opposto a quello previsto dalla RG. Né si può sostenere che il pendolo non è un orologio adeguato per misurare il tempo. Certamente gli orologi atomici sono molto più precisi di un orologio a pendolo, ma ciò non significa assolutamente che lo scorrere del tempo, più o meno velocemente, dipende dal campo gravitazionale g; significa soltanto che il periodo di oscillazione T di un fenomeno periodico dipende da g: può crescere o diminuire al crescere di g, ma il tempo scorre allo stesso modo vicino e lontano da un astro, non dipende dal valore del campo gravitazionale.
Quindi, non possiamo affermare che la maggiore frequenza della radiazione elettromagnetica in prossimità della Terra, significhi che il tempo scorre più lentamente a valle che in montagna, ma soltanto che essa, come nel caso del pendolo, varia con g.
In un articolo precedente ho sostenuto e dimostrato che la velocità della luce diminuisce se essa si avvicina all'astro, aumenta se si allontana e, più precisamente, che vale la relazione
c(r) = c/√[1 + 2H(r)/c²] (3)
essendo c(r) la velocità della luce a distanza r dal centro dell'astro e H(r) il potenziale gravitazionale.
Tale relazione è una conseguenza della RG. Come si sa, la radice quadrata del coefficiente di dt² della metrica di Schwarschild, ossia il secondo membro della (3), rappresenta la velocità della luce c(r) osservata da un osservatore all’infinito.
Si nota che all’infinito, dove il potenziale H(r) è nullo, la velocità della luce è c e che essa diminuisce quando si avvicina all’astro, fino ad annullarsi sulla superficie degli eventi di un buco nero dove 1 + 2H(r)/c² = 0. Un osservatore lontano vede la luce proveniente dalla Terra con una frequenza spostata verso il rosso e ha l’impressione che tutti i fenomeni sulla superficie terrestre siano rallentati. Viceversa, un osservatore terrestre ha l’impressione che i fenomeni esterni evolvano più velocemente, ma è solo un’impressione, il tempo scorre allo stesso modo per entrambi gli osservatori. È la velocità della luce che varia in funzione del potenziale gravitazionale e, quindi con la distanza dal centro dell’astro. I fenomeni naturali non dipendono dai particolari occhiali con cui li guardiamo.
Al di là delle varie teorie sulla gravità, qual è la spiegazione fisica della variazione della velocità della luce, e quindi della sua deflessione, in un campo gravitazionale?
La deflessione della luce in prossimità di un astro è dovuta alla sua rifrazione che, a sua volta, dipende dall'indice di rifrazione variabile
n(r) = c/c(r) = 1/√[1 + 2H(r)/c²] (4)
Evidentemente la densità del presunto vuoto in prossimità di un astro varia con l’intensità del campo gravitazionale. Se il vuoto non è lo stesso ovunque e sempre, le presunte costanti, quella dielettrica ε0 e la permeabilità magnetica μ0, non sono veramente costanti ma il prodotto ε0*μ0 diminuisce con la distanza r dall’astro in modo che c(r) = 1/√(ε0r*μ0r) (5) cresca con r.
Il funzionamento del GPS si spiega, in base alla RG, supponendo che il tempo scorra più velocemente ad alta quota, dove orbitano i satelliti geostationari. Ma si può spiegare anche, e più facilmente, ammettendo che la luce sia più veloce ad alta quota che sulla terra. Sono due interpretazioni diverse, ma, con quest’ultima, non c’è la necessità di postulate uno spaziotempo che si deformi, si autogeneri, si espanda più velocemente della luce, si lasci accelerare dall’energia oscura e crei singolarità spaziotemporali.
La formula della velocità della luce che si ricava dalle equazioni di Maxwell, c = 1/√(ε0*μ0), continua ad essere valida, ma bisogna tenere presente che la densità del vuoto quantistico, ossia dell’energia oscura, non è la stessa, ovunque e sempre, a causa della sua espansione.
Perché, allora, molti trovano difficoltà ad accettare che la velocità della luce possa essere variabile? La costanza di c in un riferimento inerziale, postulata in RS, e quindi in assenza di campi gravitazionali, ha creato confusione tanto da contestare anche le cose ovvie che sto scrivendo sulla RG.
Lo stesso ritardo temporale di Shapiro è un effetto previsto dalla RG e osservato. In base alla RG, un segnale luminoso in un campo gravitazionale si propaga più lentamente che in assenza di campo. Per il tragitto di un segnale luminoso Terra-Venere-Terra, quando i due pianeti si trovano da parti opposte rispetto al Sole, si misura un ritardo di 200 microsecondi rispetto allo stesso tragitto ma senza il Sole interposto. È evidente che il campo gravitazionale del Sole rallenta la velocità della luce.
Subito dopo il big bang, quando la densità dell’energia oscura era molto maggiore di adesso, anche la velocità della luce era maggiore. Tale maggiore velocità della luce e la rapida espansione dell’energia oscura risolvono i problemi dell’omogeneità, dell’uniformità e della piattezza dell’universo senza dovere postulare il presunto inflatone.
In conclusione, non si continui a sostenere che la velocità della luce sia costante sempre e ovunque; si prenda atto che lo spazio non è vuoto ma permeato di energia oscura la cui densità diminuisce con la sua espansione e anche nei campi gravitazionali che essa genera in presenza di materia.

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pasquale.clarizio

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